IRCAD - Interdisciplinary Research Center of Autoimmune Diseases (IRCAD)
L'IRCAD - Interdisciplinary Research Center of Autoimmune Diseases (Centro Interdisciplinare di Ricerca sulle Malattie Autoimmuni) è stato istituito dall' Università del Piemonte Orientale (UPO) nel 2002 e ha sede amministrativa presso il Dipartimento di Scienze della Salute di Novara (UPO), ma coinvolge anche componenti appartenenti al Dipartimento di Medicina Traslazionale e al Dipartimento di Scienze del Farmaco (UPO), all'Azienda Ospedaliero Universitaria "Maggiore della Carità" di Novara, all'Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino (Università di Torino) e all'Ospedale S. Croce e Carle di Cuneo. Il Centro si propone di sviluppare una ricerca di base e applicativa volta allo studio dei meccanismi che causano le malattie autoimmuni e allo sviluppo di nuovi test diagnostici e nuovi approcci terapeutici.
Finalità
La ricerca sulle malattie multifattoriali è estremamente complessa e richiede la cooperazione di competenze specialistiche estremamente varie che difficilmente possono essere acquisite da un singolo gruppo di ricerca. Solo approcci multidisciplinari estremamente coordinati possono infatti riuscire a ottenere risultati di rilievo in tempi accettabili. Questo insegnamento è stato colto da molti anni nel campo delle malattie oncologiche e ha portato alla creazione di Centri di Ricerca e Cura del Cancro in cui ricercatori e clinici di diverse discipline mettono a disposizione le loro diverse competenze per lo sviluppo di una ricerca multidisciplinare integrata volta a chiarire i meccanismi dell’oncogenesi e a sviluppare sistemi innovativi per combatterla.
L’istituzione dell’IRCAD vuole tentare di realizzare lo stesso modello nel campo delle Malattie autoimmuni, che rappresentano una realtà patologica con molte analogie rispetto alla patologia neoplastica.
- Entrambi i tipi di malattia sono un grosso problema sanitario dei paesi sviluppati, i quali hanno ormai in gran parte risolto problemi più urgenti nel passato, come le malattie infettive.
- Entrambi riguardano la maggior parte delle discipline mediche, in quanto rappresentano una consistente fetta delle patologie che possono colpire i vari organi dell’organismo.
- Entrambi sono curati con terapie tossiche, aggressive e invalidanti, che spesso riescono solo a contenere temporaneamente l’evoluzione della malattia
L’apparente minor urgenza rappresentata dalle malattie autoimmuni, che in genere non portano a morte il malato in tempi brevi, ha fatto sì che l’attenzione verso queste malattie sia stata in passato inferiore rispetto a quella posta sul cancro. Questo atteggiamento ha fatto sì che ciascuna specializzazione medica sviluppasse in modo relativamente indipendente la ricerca sulle malattie autoimmuni di propria competenza, lasciando le interazioni e le collaborazioni alla intraprendenza dei singoli gruppi di ricercatori. La frammentazione degli sforzi ha aumentato il dispendio di energie richiesto per ottenere risultati, peraltro anche di ottimo livello, e spesso non ha permesso di sviluppare in pieno le scoperte effettuate. Un evidente effetto di quest’atteggiamento è il ritardo con cui si è fatto strada nella cura delle malattie autoimmuni il modello degli studi multicentrici randomizzati, ormai da decenni alla base della ricerca oncologica applicata.
L’istituzione dell’ IRCAD si basa pertanto sulle seguenti considerazioni:
- Le malattie autoimmuni sono un vasto gruppo di malattie, molte delle quali sono gravemente invalidanti e rappresentano un grave dramma per il malato e la sua famiglia.
- La ricerca sulle malattie autoimmuni richiede la collaborazione integrata di ricercatori di base (biologi, immunologi e patologi molecolari e cellulari, biotecnologi, biochimici strutturisti e farmacologi) e clinici (specialisti dei diversi sistemi e organi) con competenze altamente specialistiche.
- L’immunologia ha fatto progressi enormi negli ultimi tre decenni ed è arrivato il momento in cui le conoscenze di base ottenute stanno per riversarsi nel campo della pratica clinica.
- Nella nostra area geografica esistono numerosi eccellenti centri per lo studio multidisciplinare dei tumori, ma mancano simili centri dedicati allo studio delle malattie autoimmuni.
- Lo studio dell’autoimmunità potrà rivelarsi utilissimo anche per altre “malattie del nostro tempo”, inizialmente non associate al sistema immunitario, come l’arteriosclerosi, il morbo di Alzheimer o il danno cardiaco post-infartuale, in quanto numerosi dati dimostrano la presenza di una componente immunitaria anche in queste malattie.
Malattie autoimmuni
Le malattie autoimmuni sono una vasto gruppo di malattie che colpiscono ben il 5-7% della popolazione umana. Esse sono dovute a un “errore” del sistema immunitario, il quale dirige le proprie potenzialità offensive contro tessuti propri dell’organismo anziché contro gli agenti infettivi. Ne derivano gravi danni tessutali con conseguente sviluppo di malattie diverse a seconda dell’organo e tessuto colpito. Queste comprendono malattie gravemente invalidanti, come la sclerosi multipla, il lupus eritematoso sistemico, l’artrite reumatoide, la sclerodermia, il diabete mellito insulino-dipendente, la cirrosi biliare autoimmune, il morbo di Chron e, sotto certi aspetti, il morbo celiaco.
Nella maggior parte dei casi le terapie a disposizione riescono solo a rallentare l’evoluzione della malattia senza riuscire a ottenere una guarigione. La somministrazione cronica dei farmaci immunosoppressori comporta inoltre spesso gravi effetti collaterali che contribuiscono a deteriorare la qualità di vita del malato.
Le cause
Numerosi dati epidemiologici e sperimentali dimostrano che le malattie autoimmuni sono malattie multifattoriali, legate a fattori scatenanti ambientali che agiscono su fattori predisponenti genetici.
Fattori ambientali
Per quanto riguarda i fattori scatenanti ambientali sono oggi chiamati in causa soprattutto gli agenti infettivi che, in soggetti predisposti, scatenano una risposta immunitaria che, dopo aver eliminato l’agente infettivo, si indirizza per errore contro tessuti propri dell’organismo che presentano somiglianze strutturali con componenti dell’agente infettivo scatenante. Si dice allora che la risposta immunitaria sviluppa una “cross-reazione” tra l’agente infettivo e i tessuti propri dell’organismo.
Fattori genetici
Per quanto riguarda i fattori genetici predisponenti, molti studi hanno evidenziato l’associazione di determinate malattie autoimmuni con particolari forme (polimorfismi) di specifici geni. Tuttavia spesso non è sempre chiaro se questi geni siano coinvolti direttamente nello sviluppo della malattia oppure se il legame sia indiretto. Nel complesso i fattori genetici che sono stati associati con maggiore certezza con l’autoimmunità e la cui base biologica sia stata dimostrata in modo soddisfacente sono il sesso, le molecole HLA e, più recentemente, il sistema di spegnimento della risposta immunitaria.
Decorso di malattia
Le malattie autoimmuni hanno in genere uno sviluppo cronico nell’arco di numerosi anni. In genere nel corso della malattia la risposta autoimmune tende a espandersi e, se inizialmente è diretta verso singoli costituenti del tessuto aggredito, tende poi a rivolgersi verso un numero di costituenti sempre maggiore. Questo fenomeno è detto “epitope spreading” o “espansione epitopica”. In quest’ottica la disponibilità di strumenti predittivi, che permettano di prevedere il probabile sviluppo di una malattia autoimmune o di individuarla nelle primissime fasi del suo sviluppo, potrebbe aprire la strada a strategie finalizzate alla prevenzione dello sviluppo della malattia. Inoltre la disponibilità di strumenti predittivi dell’aggressività della malattia potrebbe suggerire l’utilizzo di terapie particolarmente aggressive per i casi con prognosi infausta. Infine l’identificazione di alterazioni geniche fortemente predisponenti allo sviluppo di malattie autoimmuni gravemente invalidanti potrà suggerire interventi terapeutici volti a correggere la funzione immunitaria geneticamente alterata.
Ultima modifica 26 Agosto 2024